Analisi della grafia del poeta Salvatore Quasimodo
Autore: Barbara Taglioni

Sibilla Aleramo A distanza di due anni dalla morte della prima moglie, nel 1948, Quasimodo si risposa con Maria Cumani, una donna dal temperamento molto diverso da Bice: una danzatrice, con cui ha da tempo una relazione e da cui ha già avuto un figlio nel 1939, Alessandro. Maria è una donna giovane e con lei il poeta incontra forse per la prima volta l’amore autentico.
Maria Cumani
Questo matrimonio non facile, soprattutto negli ultimi anni, dura fino al 1960, quando Maria chiede la separazione, seguita da una dolorosa fuga a Roma.
Il poeta non rimase comunque solo, egli ebbe infatti un’altra relazione appassionata, una grande storia d’amore, che lo ossessionò fino alla sua morte. Si innamorò infatti di Curzia Ferrari, donna dalla spiccata personalità, che egli stesso descrisse nel 1966 (due anni prima della morte) all’amico e poeta Giuseppe Liuccio, in una rara confidenza: “Una giovane signora bruna e passionale, poeta della vita e dell’amore, che mi ha sequestrato il cuore per sempre. È bello essere innamorati, è il segreto per dare senso alla vita e, ricordati: rompere, troncare i rapporti piuttosto che lasciarli imputridire nel pantano della quotidianità. L’amore è bello se è primavera che richiama colori e profumi.” (da Quasimodo amalfitano, di Giuseppe Liuccio).
Curzia Ferrari
Per Curzia il poeta perse letteralmente la testa, arrivando a scriverle poesie d’amore sui tovagliolini del bar e a tempestarla di telefonate, roso da una profonda e lacerante gelosia.
Curzia lo definisce “fragile e tormentato”, nonostante il successo mondiale, e lo descrive come “un uomo pieno di fisicità, quella stessa che riempì il nostro rapporto.”
Quasimodo le ripeteva in continuazione. “Senza di te, la morte”.
Altamente possessivo, di lei non accettava il suo essere indipendente: era una giornalista, una traduttrice, una lettrice appassionata di Dostoevskij, che si nutriva di letteratura russa e dei suoi temi esistenziali.
Esiste ancora la casa nativa del poeta, a Modica, dove è stato creato il Parco Letterario Quasimodo, allo scopo di far rivivere i suoi luoghi d’origine, da lui tanto amati.
Anche nella città di Messina sono conservati molti scritti originali e documenti riguardanti il poeta presso la Galleria d’arte contemporanea, che ha istituito una mostra permanente già da qualche anno.
Citiamo, per concludere, una frase del figlio Alessandro, che racconta come la migliore definizione di suo padre l’abbia data un giornalista, che scrisse, riferendosi appunto al poeta: “Un ficodindia. Devi stare attento a maneggiarlo perché potresti spinarti, poi una volta entrato nella polpa può anche essere dolce.”
La sua grafia
La scrittura piccola, misto-script, con semplificazioni e qualche ricombinazione, ci parla di una personalità in cui l’intelligenza vivace, il senso estetico, le doti di intuizione e la sensibilità convivevano con l’inquietudine e l’emotività, che generavano nel poeta ansie e dubbi, pensieri profondi e intensi, che laceravano la quotidianità e gli toglievano la serenità.
Il suo era uno spirito indagatore, tendeva all’isolamento (occupazione a isola) e alla difensiva, con atteggiamenti pessimistici e lunghi silenzi (molto bianco).
I rari momenti di buonumore lo spingevano ad attivarsi con energia e creatività anche se la malinconia e il dialogo interiore erano i suoi “luoghi” preferiti (di calibro piccolo, “t” con trattino breve, giustapposizioni).
Aveva contatti selettivi e prudenti e i pochi eletti che superavano le sue difese diventavano oggetto di amicizie profonde e durature (tratto nutrito, giustapposizioni, finali brevi, spazio tra parole, tipo “nervoso” di Ippocrate).
Le aste storte, le lettere dissociate, le sospensioni, il margine sinistro progressivo, gli ovali ammaccati, le “g” regressive, la firma con il solo cognome e quasi sempre tendente a sinistra, indicano che persistevano problematiche non ben risolte relative all’età dell’infanzia e dell’adolescenza, che contribuivano alla presenza di una vulnerabilità affettiva costante e del persistere di conflitti e di fragilità in ambito sentimentale che lo spingevano ad allontanarsi da un passato di sofferenza.
La sua grafia ci parla di un uomo che ha paura di vivere fino in fondo, di un individuo che, pur essendo alla ricerca di un’agognata sicurezza, in realtà teme di “impegnarsi” realmente, preferendo rinchiudersi in una realtà interiore di sogno, di armonia e di bellezza che non riesce a ritrovare in una quotidianità deludente e faticosa (“l” a bastone alternata a rigonfiamenti).